Convegno a Mafalda sull’insediamento della centrale termoelettrica a biomasse

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Sabato 9 maggio l’associazione “Mafalda Viva” ha organizzato un convegno didattico-informativo sull’insediamento della centrale termoelettrica a biomasse che dovrebbe essere ubicata nella zona industriale di Mafalda. L’incontro si è tenuto presso il centro sociale di San Felice del Sannio. Numerosi i presenti anche dei vari paesi limitrofi che fanno parte della vallata del Trigno per dire no a questo insediamento. E’ stato presente ai lavori anche il Circolo Legambiente di Termoli. Pasquale Lollino, referente del circolo, è stato invitato a parlare per primo mostrando l’inutilità dell’impianto e gli effetti nefasti per l’ambiente. Lollino si è soffermato sull’impatto ambientale in termini di inquinamento e dei riflessi sulla salute dei cittadini senza tralasciare il problema della antieconomicità della centrale. Gli effetti negativi che si avrebbero sull’ambiente, in caso il progetto andasse in porto, sarebbero in primis la produzione di polveri sottili (anche dette nanopolveri) che avvelenerebbero l’aria, acqua e vegetazione circostante. Inquinamento elettromagnetico, poiché sarebbe necessario un nuova linea per l’elettricità e pare che non sia stato effettuato alcuno studio di valorizzazione sui livelli di radiazioni non ionizzanti. Il referente del circolo Legambiente di Termoli ha inoltre sottolineato che una centrale di tal sorta è idro-esigente a causa delle grandi quantità di acqua necessarie per raffreddare gli impianti. Il prelievo dal sottosuolo comporterebbe evidentemente riflessi sotto il profilo della disponibilità della risorsa. Inoltre la gestione dell’impianto causerebbe la formazione di reflui: acque di prima pioggia, acque oleose, acque acide, acque di circuito caldaie che sicuramente di riverserebbero nel vicinissimo fiume Trigno e quindi, conseguentemente, in mare. Altro problema sarebbe l’inquinamento acustico della centrale con conseguenze sia sulla popolazione sia sulla fauna circostante in considerazione dell’elevata rumorosità delle turbine, motori ventola, camini, movimentazioni carico-scarico. Altro questione non molto chiara è costituita dal fatto che nella suddetta centrale, almeno a detta di alcuni amministratori, dovrebbe bruciare vinaccia che proverrebbe dall’Abruzzo. Nulla sembrerebbe più falso se si considera che si parla di un impianto che dovrebbe avere una potenza di poco inferiore ai 50 MW. Appare non plausibile allora la tesi delle vinacce, ma si appaleserebbe la reale ipotesi di costruzione della centrale al solo fine di bruciare rifiuti. Lollino, su questo punto, ha focalizzato l’attenzione dei presenti indicando la differenza tra centrale biomassa e termovalorizzatore. Bruciare biomasse in piccole centrali (di 1 o al massimo 2 MW) – ha proseguito Lollino – ha lo scopo di produrre energia elettrica e la Legambiente si è sempre mostrata favorevole nella ricerca di fonti rinnovabili; ma l’uso delle biomasse per generare calore ed energia elettrica non va confuso con gli inceneritori o con i termovalorizzatori. Nel caso delle biomasse la materia prima è composta da materiale ecocompatibile, in gran parte legname, residui delle attività agricole o delle lavorazioni del legno (potatura degli alberi, segherie ecc.) Le biomasse, cosiddette “vergini”, sono inizialmente frammentate in piccoli pezzi e sottoposte ad asciugatura dell’umidità per aumentarne la resa energetica. L’incenerimento finale produce il calore necessario per scaldare la temperatura dell’acqua tramite un normale scambiatore nella caldaia. Pertanto, la principale differenza tra l’incenerimento in un termovalorizzatore ed un impianto a biomasse è la “natura” ecocompatibile del materiale destinato ad essere incenerito. Lollino ha poi concluso auspicando nella formazione di un tavolo di concertazione con tutte le parti interessate al fine di scongiurare la costruzione di quello che almeno nei fatti sembrerebbe un vero e proprio termovalorizzatore per bruciare rifiuti.

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